Perchè festeggi il Natale?
È già capitato in passato che qualcuno mi facesse una domanda curiosa: "ma se non sei cristiano perché festeggi il Natale?". Dimostrando in questo modo, se non ignoranza, perlomeno una certa ristrettezza di vedute. Da un lato, è evidente per chiunque viva in Occidente che il significato odierno del Natale è ormai molteplice e non più limitato alla sua dimensione cristiana - e questo a prescindere dai suoi aspetti più consumisti. Dall'altro, il senso di una celebrazione invernale di questo tipo è molto più ampio e antico.
Nell'emisfero boreale, il periodo compreso tra il 17 e il 25 dicembre è il più buio dell'anno. Il moto apparente del Sole raggiunge il suo punto più basso in una data variabile dal 21 al 22 dicembre. A latitudini estreme la luce cessa di esistere per quasi sei mesi. Sedici ore di notte contro otto ore di giorno. Oggi sappiamo che dipende dall'inclinazione terrestre e abbiamo luci a sufficienza da permetterci di ignorarlo, e forse per questo possiamo immaginare a fatica cosa doveva essere nei secoli e nei millenni passati. Quale significato potesse avere per i primi umani vedere la principale fonte di luce e calore scendere sempre più verso l'orizzonte, il suo punto più alto farsi sempre più basso, come se si apprestasse a una notte eterna. Nel periodo più freddo dell'anno, il Sole stesso sembrava cedere di fronte al gelo. E proprio quando sembrava dover tramontare per sempre, ecco che lentamente risaliva la volta celeste e tornava a splendere, più forte di prima. Il solstizio vero e proprio, cioè il momento in cui il disco solare sembra fermarsi nel cielo, è impossibile da osservare a occhio nudo, ma è possibile vederlo risalire nei giorni e nelle settimane successive.
Per cercare di calcolare con precisione questo magico momento, sono stati costruiti ovunque templi e osservatori astronomici: Stonehenge in Inghilterra, Goseck in Germania, Nabta Playa in Egitto, Persepolis in Iran. Decine di celebrazioni sono sorte attorno a questo evento. Per i celti segnava la fine dell'inverno oscuro, in cui il mondo si faceva più freddo e buio, e l'inizio dell'inverno chiaro, che conduceva alla primavera e in cui la luce tornava a splendere. Il mazdaismo, l'antica religione persiana, la considerava la notte più tremenda dell'anno, e ancora oggi in Iran, Tajikistan e tra le comunità curde si celebra Shab-e Yalda, la Notte Più Buia, in cui si cena con amici e parenti e si leggono poesie e racconti. Nelle lingue germaniche settentrionali Natale è ancora chiamato Jul, in riferimento alla celebrazione pagana di Yule. Nell'antica Roma si celebravano i Saturnalia, una settimana di festeggiamenti e sacrifici in onore di Saturno, dio delle messi e della prosperità, e in epoca imperiale il 25 dicembre era il giorno del Sol Invictus, il sole invincibile. E se è vero che ci furono ragioni politiche per spostare il Natale proprio in questa data, il significato simbolico è impossibile da ignorare. Come ricorda Sant'Agostino: "La Verità, per poter sorgere dalla terra, discese dal cielo; lo sposo per poter uscire dalla stanza nuziale scese dall'alto dei cieli. Perciò è nato in questo giorno: giorno del quale nessun altro giorno dell'anno è più corto, ma a partire dal quale i giorni cominciano a diventare più lunghi. Colui che si è chinato fino a noi e ci ha sollevato ha scelto il giorno più piccolo, ma a partire dal quale i giorni cominciano ad allungarsi".
Ognuna di queste celebrazioni racchiude in sé la medesima essenza: un giorno in cui riunirsi con le persone care e dimenticare le difficoltà, nella consapevolezza che, se ci si sostiene a vicenda, anche la notte più profonda è destinata a passare. Un giorno per celebrare il fatto di essere ancora assieme e per ricordare coloro che non vedranno il nuovo Sole. Nel nostro mondo queste festività sono diventate incombenze, rituali vuoti, fonte di ansia e frustrazioni. Se potete, fate in modo di passarle con le persone a voi davvero care. In questo giorno, di qualunque giorno si tratti, fate in modo che la luce e il calore siano autentici.
Davide Tessitore